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Roma, dai nuovi acquisti deludenti all'incognita Dzeko: ecco i sei motivi della crisi

Non è un momento semplice per la squadra di Di Francesco. Dalla scarsa precisione sottoporta del bomber bosniaco all'impatto deludente dei vari Pastore, Shick e Karsdorp, passando per gli errori del tecnico e della dirigenza: sono tante le ragioni di questo inizio di stagione balbettante
Lunedì 05 novembre 2018
MOSCA - Piccolo vademecum, parziale e in aggiornamento, per orientarsi all'interno della multiforme crisi della Roma. Crisi con troppi padri per addebitane a uno solo la diretta corrispondenza genetica. Al momento dello sbarco a Mosca del gruppo, nono in campionato e ad anni luce dalla Juventus (ma non doveva arrivare uno scudetto in cinque anni?) per il ritorno contro il Cska (mercoledì allo stadio Luzhniki) in Champions League, insolita e straordinaria oasi di serenità e benessere, si procede alla identificazione dei presunti colpevoli.

EDIN DZEKO SPENTO - L'airone che eroicamente meno di un anno fa rifiutò le sirene del Chelsea, l'uomo trascinatore della precedente Champions, lo straordinario e possente uomo gol è tornato a sbagliare a porta vuota e a trotterellare disorientato in prossimità dell'area di rigore. Gli si rinfacciano addirittura sbuffi, nervosismi, insensibilità, estraniamenti, e sordità ai richiami dell'allenatore. Il gol - tranne che in Champions League (5 tra Viktoria Plzen e Cska) è ormai un richiamo perduto nella foresta. Essendo insostituibile - chi al suo posto? - si conta molto nel rapido risveglio. Ma a nessuno, nemmeno al tecnico, è dato sapere.

IL PROCESSO A DI FRANCESCO - Cerca la Roma col lanternino di Diogene, gli disfano e gli rifanno la squadra e lui la disfa e la rifà a sua volta. Nel calcio lo chiamano turn over, più banalmente significa anche arrendersi al fatto che così le cose non vanno e allora proviamo invece in quest'altro modo. A tentoni per capirsi. Essendo uomo buono e giusto, e mancando di scorza di cinismo e di adeguato pelo sullo stomaco (come lo Spalletti che lo precedette ad esempio), soffre per gli errori degli altri ed anche dei suoi stessi, declama e racconta una Roma che non c'è, espone teorie sui giovani che non possono ripagarlo, confida ingenuamente in una vecchia guardia (De Rossi, Dzeko, Manolas, Florenzi) ormai depressa e sempre più convinta che tanto vincere alla Roma non è più nemmeno un optional. Già candidato all'esonero, va avanti di fiducia in fiducia. Fino a quando sarà possibile...

MONCHI, LA MENTE - Planato a Roma come un marziano proveniente dai paradisi e dalle illusioni della Liga spagnola, il dirigente ha obbedito alla sovrana legge della plusvalenza e applicato l'ordine del presidente Pallotta di far cassa col mercato. Fino a quando la Roma ha piano piano eroso se stessa e i nuovi non hanno saputo essere all'altezza dei vecchi. Oggetto di strali e malumori diffusi, potrebbe anche scegliere di andarsene, lasciando il lavoro a metà. Una volta i dirigenti erano riservati e sconosciuti al pubblico, questo è il prezzo che si paga a metterci (spesso) la faccia.

I FANTASMI DI NAINGGOLAN, STROOTMAN E SALAH - La Roma che avrebbe potuto essere, ma di cui ha mai avuto certezza e sicurezza. Alla base della crisi pure la progressiva vendita a pezzi di una grande squadra. Anche se poi alla base di ogni partenza e conseguente affare non c'è solo l'intransigenza del club di fronte alla sua strategia politica. L'ultimo Nainggolan non era poi così straordinario, Strootman prendeva ormai più critiche che elogi, Salah voleva fortemente la Premier Legue. Ma quei fantasmi comunque si aggirano a turbare i sonni giallorossi.

PASTORE, SCHICK E KARSDORP NON PERVENUTI - Per un Lorenzo Pellegrini che ha preso il volo o per un Olsen che non ha fatto sentire l'addio di Alisson, c'è poi una lunga lista di giocatori che non hanno lasciato traccia. E che sono costati anche molto (nella speranza di rifarne poi molti di più, ovvio). Giovani promettenti, estrosi attaccanti, il loro contributo è rimasto lettera vuota. E quando l'allenatore si affanna a cercare la riserva o l'uomo che lo tragga dai guai non trova quasi mai la carta giusta. Ma spesso una "speranza" che non ti risolverà il problema o farà vincere la partita.

IL VAR E I VELENI - Nel più classico dei copioni appare poi la nube fantozziana del complottismo e delle avversità di arbitri e vertici di potere. A Firenze arbitro (Banti) e moviolista di supporto (Orsato) hanno sicuramente sbagliato, peccando di presunzione o di "eccesso di regolamento". Ciò non toglie che non è proibito fare un paio di gol in trasferta e di tempo, dopo l'episodio incriminato, ce ne sarebbe stato in abbondanza. Gli errori degli arbitri si annullano anche facendo gol, ma è ormai diventato un tabù. E un errore al Var è solo quel che resta di una partita sbagliata. E forse addirittura di una Roma sbagliata.
di Fabrizio Bocca
Fonte: La Repubblica
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